Esploratore di inquietudini nella terra del Sannio

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Un personaggio poliedrico. Diviso fra tre passioni: la ricerca artistica, l’insegnamento e l’amore per Buonalbergo, il suo borgo, il celebre buon ritiro, incastonato nel cuore del Sannio. Per parlare di Peppe Leone, per tentare di spiegare la sua opera pittorica, non si può prescindere da questi tre elementi che ne costellano vita e attività. Tre pezzi di un unico mosaico che si completa nei suoi quadri, nelle sue creazioni, nelle sue sperimentazioni. “Cicli” artistici di successo che prendono le mosse dalla fertile terra beneventana, luogo di fascino e magia senza tempo. L’esordio del maestro è legato al “Ciclo di Esther”. Seguono “La luna e la Chiave”, “Gesti”, “Superfici”, “Cellule” e “Arburesa”, solo per citarne alcuni. Ma la ricerca per un artista, questo si sa, ha la stessa importanza delle doti naturali. Abbinare studio e abilità è fondamentale per raggiungere nuovi orizzonti. Cercare, studiare e anche insegnare. Un’attività continua, frenetica, senza alcuna sosta che non pone limiti a un’arte che rompe gli schemi e rifiuta di farsi rinchiudere in un recinto. Non a caso negli anni ’90 nasce anche la collaborazione con il poeta visivo Luciano Caruso. Giuseppe Leone può essere considerato un esploratore di inquietudini. Dalle sue opere promanano scintille, di quelle che infiammano le notti insonni. Simili a demoni che il maestro riesce a placare solo nelle valli verdi del Sannio. E proprio nella sua terra, qui, a Buonalbergo, dove è nato nel 1948, Leone si è ritagliato la sua oasi. Non un castello dal quale è impossibile fuggire, ma il luogo ideale in cui dare libero sfogo alla creatività. A Buonalbergo, Leone è riuscito a creare una sorta di atelier-studio, portando in un piccolo paese della Campania artisti, scrittori, liberi pensatori, appassionati d’arte e semplici curiosi. Un vero e proprio cenacolo. Di quelli d’altri tempi.[charme-gallery] Con il suo impegno, il maestro sannita è riuscito a spalancare un finestra sul mondo incantato delle colline beneventane. Un circolo anticonvenzionale ben diverso dai luoghi di ritrovo delle grandi città che lui pure conosce e ha frequentato. Ma poi ha vinto l’amore per la sua terra. L’amore e la passione per il suo Sannio, tema ispiratore di tante tele. E’ qui che Leone ha saputo scolpire il suo mondo, calandolo nell’arcobaleno di una tavolozza multicolore. Un mondo dipinto senza trascurare l’impegno didattico come titolare della cattedra di tecniche pittoriche all’Accademia di Belle Arti di Napoli che gli ha permesso di non spegnere l’ardore giovanile grazie al quotidiano contatto con gli studenti. L’essersi quindi ritirato a Buonalbergo non è una fuga dal mondo, ma la fine di una ricerca, termine che torna costante. E che l’ha portato a trovare il luogo giusto per osservare con partecipato distacco l’universo umano. Nel corso degli anni Giuseppe Leone ha esposto le proprie opere a più riprese in tutta Italia e anche la critica nazionale, quella più qualificata, quella, per intenderci, che può uccidere o lanciare un artista, si è occupata di lui, tanto che il pittore sannita è riuscito ad entrare nella cerchia degli artisti più apprezzati e rinomati del Belpaese. Oggi il maestro è diventato un punto di riferimento per molti personaggi attratti anche dalla sua esperienza culturale multiforme. Basti pensare che, oltre ad essere un pittore acclamato e uno stimato docente, per diversi anni ha lavorato come grafico nelle redazioni dei giornali. E chi sa quanto di questa esperienza ha riportato nelle sue opere cariche di ironico simbolismo. Proprio l’ironia sembra essere a primo acchito, per i comuni osservatori,  l’arma palese dei suoi pennelli. Un modo forse per attirare l’attenzione di chi osserva le sue creazione o, forse, un modo per difendersi dai demoni che ritornano.