Reggia di Capodimonte, bomboniera nel bosco dei re

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Altro che reggia: un Eden in terra! Come altrimenti definire il Palazzo Reale di Capodimonte? E sì che, in fatto di lusso e comodità, i sovrani di Partenope se ne intendevano. Vuoi mettere una dimora sfarzosa edificata nel cuore di un bosco verde e lussureggiante, praticamente a pochi chilometri dal centro? Una sede fresca d’estate, calda d’inverno. Il luogo ideale in cui ritirarsi per staccare la spina e ritemprare corpo e mente: eccola la bomboniera dei Borbone. Un gioiello adagiato sui verdi pendii della collina napoletana. Nonché, complice un parco immenso e rigoglioso, il posto preferito da generazioni e generazioni di napoletani per banchettare nel giorno del lunedì in Albis.

Pensate: il parco di Capodimonte, un tempo noto come “Real bosco di Capodimonte”, è il maggior sito a verde pubblico di tutto il capoluogo campano e si estende su un’area di 134 ettari. E’ per questo che nel giorno di Pasquetta viene letteralmente preso d’assalto da centinaia e centinaia di visitatori armati di uova e “casatiello” ed attratti dalla magnificenza di un posto che non ha eguali al mondo.

Vi si può accedere attraverso tre varchi: Porta Grande, che si apre all’inizio di via Ponti Rossi; Porta Piccola, quella probabilmente più famosa, che spalanca i propri battenti lungo via Miano (la strada che costeggia buona parte del perimetro del parco). E infine Porta Bellaria, sempre su via Miano, ma un po’ più a nord rispetto al varco di porta Piccola.

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Il bosco della Reggia ha una caratteristica tutta napoletana: alterna ampi spazi pianeggianti a valloni attraversati da piccoli corsi d’acqua e zone ricche di cave, caratteristica tipica delle colline della terra di Partenope. Come se non bastasse, l’area immediatamente adiacente il palazzo reale è caratterizzata dalla presenza di ampi prati su cui spiccano varie specie vegetali e piante dai fusti secolari, insieme con alcuni fabbricati risalenti al XVIII secolo tra cui il Casino dei Principi. E’ da qui che si dipana un antico accesso interno detto “Porta di Mezzo”. Una porta, un tempo usata dai re, che consente di penetrare direttamente nel cuore del bosco attraverso cinque grossi viali dai quali si diramano, a loro volta, almeno un centinaio tra strade, vialetti e sentieri.

I cinque vialoni, quasi come ad abbracciare l’intero parco, disegnano un grande semicerchio addobbato con dodici statue di fattura settecentesca. Conducono in una zona del Real Bosco in cui insistono vari fabbricati tra cui la Chiesa di San Gennaro (opera di Ferdinando Sanfelice); la Real Fabbrica delle Porcellane, l’Edificio Torre, il Casino della Regina, il Fabbricato Cataneo e l’Eremo dei Cappuccini (costruito nel 1819).

La storia racconta che in origine l’idea fu quella di sfruttare questo enorme polmone verde che si trova praticamente alle porte della città, per ricavarne una grande riserva di caccia per il re di Napoli e, al suo servizio, una residenza di corte dove l’allora sovrano, Carlo di Borbone, avrebbe potuto assecondare la passione venatoria, grazie all’abbondanza di beccafichi, e poi magari, al calare del sole, distrarsi ancora con cavalieri e nobildonne. Insomma, almeno all’apparenza, quello di Capodimonte avrebbe dovuto essere solo uno dei tanti siti reali che, di lì a poco, sarebbero nati un po’ in tutta la regione, per favorire gli svaghi del re e del suo seguito di cortigiani. Con una differenza, però. Quello della collina, infatti, nasceva sì come “dependance” reale, ma praticamente a ridosso della città. Quasi alle porte della capitale: una specie di succursale urbana del più centrale e imponente palazzo reale. Insomma: una “seconda casa” per re Carlo.

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Non a caso, proprio perché sempre più frequentato e preferito dalla corte, nel giro di pochi anni, si pensò di farne una vera e propria residenza capace di ospitare anche una parte delle prestigiose collezioni artistiche che il fondatore del Regno aveva avuto in dono da sua madre Elisabetta Farnese, moglie del re di Spagna Filippo V e ultima erede delle fortune del celebre casato dei Farnese di Parma. Si parla di collezioni, ma che collezioni! Si rivelarono la fortuna di Capodimonte! Di lì a poco, infatti, nelle stanze della Reggia trovarono posto capolavori di Tiziano e Raffaello, El Greco, Correggio e Parmigianino, dei Carracci, ma anche numerosi dipinti di scuola fiamminga. E ancora: le sculture di Martini, del Giambologna e tutta una serie di reperti e gioielli preziosi che andarono ad addobbare una vera e propria “camera delle meraviglie”.

Opere mozzafiato che, unite alle altre raccolte che, via via, furono acquisite nel corso degli anni, tra cui porcellane, arazzi, armi e argenti di casa Borbone, e quelle incamerate tra soppressioni monastiche, acquisti o donazioni successive all’unità d’Italia, resero la reggia, a distanza di quasi tre secoli dalla sua fondazione, un museo di fama internazionale.

Seppure dagli inizi dell’800, in concomitanza con l’arrivo dei Savoia, il palazzo reale fosse stato utilizzato esclusivamente come residenza di corte, già da prima, in particolar modo negli anni del “Grand Tour”, capitava che funzionasse anche come foresteria per visitatori e studiosi stranieri che vi accorrevano per ammirare la qualità delle opere esposte ed assaporare la magia del suo rigoglioso bosco che nel frattempo re Ferdinando II delle Due Sicilie aveva trasformato in giardino all’inglese, assicurandogli quell’aspetto che oggi lo caratterizza.

Tra i primi a essere ospitati in quelle sfarzose stanze del palazzo figurarono Winkelmann, Goethe e, tra gli artisti Antonio Canova. E non a caso si è parlato di “sfarzose” stanze. Basta percorrerle, passando dalla galleria artistica al salottino di porcellana di Maria Amalia fino all’appartamento storico per capire di quale ricchezza siano dotati questi ambienti, di quale meraviglia e magnificenza risplendano le testimonianze artistiche in mostra in queste sale regali che ancora sembrano riecheggiare del cicaleccio e del frusciar di sete delle dame di corte. Basta chiudere gli occhi e si viene catapultati all’indietro nel tempo in uno dei più incredibili e affascinanti viaggi che solo la favolosa storia di Partenope è in grado di offrire.

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