Templi e castelli, ma la natura vince su tutto

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parco del calore

Se siete appassionati di castelli incantati, boschi animati, gioiose borgate, suggestive mulattiere immerse nei profumi della terra, storia millenaria, giochi di strategia e signori degli anelli, questa è la lettura che fa per voi. Stiamo per portarvi nella terra dei Parchi della Campania, una terra da fare invidia a quella di Mezzo cara a John Ronald Reul Tolkien. E già, perché qui non c’entra la fantasia e non c’entrano neppure gli hobbit e i nani e i cavalieri neri. Ma i folletti e la magia dei colli e del canto degli uccelli sì. E tanta storia che sgorga da ogni pietra. Siamo nella Terra dei Parchi. Una terra che vive, in Campania, tutti i giorni grazie all’impegno e all’attenzione profusi dagli addetti ai lavori. Una terra di cui vi diamo ora un assaggio. E allora cominciamo.[charme-gallery]
Parco del Taburno Camposauro.
In meno di un’ora di macchina dalle aree più popolose della costa campana si raggiunge, sull’Appennino, un paradiso di tranquillità e pace. E’ quello del Taburno Camposauro, un complesso montano, isolato dalla catena appenninica, composto da un blocco calcareo mesozoico diviso in due dalla depressione tettonica della piana di Prata. I quattordici piccoli comuni, adagiati nelle zone pedemontane circostanti, sono carichi di un’identità propria. Imboccando, dall’area pedemontana, gli antichi sentieri tracciati dai produttori di carbone e legnami, si giunge alla sommità delle due montagne da cui si scorgono scenari suggestivi sulle vallate sottostanti e chissà che qui non possiate incontrare anche una valchiria del sud. Le antiche mulattiere dei boscaioli di un tempo sono oggi percorsi ideali per il trekking, adatti a tutti perché vari per difficoltà e tempi di percorrenza. Qui cresce il raro giglio martagone insieme alla digitale bruna, all’ederella, alla colombina cava, alla belladonna, all’erba laureola e alla rara anemone gialla presente nelle aree più umide in prossimità dei valloni. Ai tempi dei Sanniti il territorio del parco apparteneva alla federazione Caudina e il suo centro, la piana di Prata, è stato il luogo, secondo autorevoli studi, in cui i Romani invasori, durante la seconda guerra sannitica, sono stati costretti ad una ignominiosa resa che li ha obbligati a sottostare all’oltraggio del passaggio sotto le Forche Caudine. Dopo i Sanniti (rispettosi del vivere comune ed orgogliosi del loro territorio e delle loro radici) altri popoli hanno invaso e colonizzato il territorio del parco, lasciando il segno nella ricca architettura dei suoi comuni e nella cultura. Osservare e “saggiare”, provando castagne, funghi, asparagi, erbe officinali di cui il territorio è ricco. Sicuramente, prima di rientrare vorrete portare via un ricordo del Taburno e nulla sarà più indovinato di un prodotto artigianale magari in ferro battuto. [charme-gallery]Visitare il Parco in estate è un’esperienza particolarmente esaltante: ad agosto c’è la festa del grano a Foglianise, mentre nella prima settimana di settembre a Torrecuso e nella seconda domenica di settembre a Solopaca si svolgono rispettivamente “VinEstate” e la “Sagra dell’Uva”, manifestazioni con tradizione decennale dedicate ai rinomati vini locali che vengono degustati, presso gli stand allestiti per l’occasione, accompagnati dai piatti locali. Ma girovagare per questi monti è bello tutto l’anno. Anche durante l’inverno continuano e proliferano eventi da seguire. Come dimostra la grande affluenza di turisti che si registra nella prima settimana di dicembre quando le stradine di Sant’Agata dei Goti , cittadina medievale ricca di storia e monumenti, sono invase dai profumi dei dolci a base di melannurca.
Parco dei Monti Picentini.
Nel cuore dell’Appennino campano, in un ampio comprensorio che si estende tra il corso superiore dei fiumi Calore, Sabato e Sele, a cavallo tra le province di Avellino e Salerno, si può poi attraversare un’altra area geografica di elevata importanza strategica sotto il profilo ambientale: il “Parco Regionale dei Monti Picentini”. Ben 63mila ettari racchiudono la complessa ed articolata catena montuosa dei Picentini, che può essere delimitata a nord dal fiume Ofanto e dalla direttrice Lioni – Nusco – sorrentina-amalfitana è tutelata dal Parco dei Monti Lattari. Un tour in quest’area, aldilà di bellezze note in tutto il mondo come la costiera , può portare a scoprire la Valle dei Mulini a Gragnano o, tra Massa Lubrense e Marina del Cantone, i resti delle antiche Ville Romane. La catena dei Lattari vanta cime che mediamente sfiorano i mille metri di altezza tra cui il Monte S. Angelo a Tre Pizzi, alto più di 1440 metri, e il Monte Faito, alto 1100 metri.[charme-gallery]Se siete appassionati di botanica, interessanti piante rare ed endemiche, come la Palma nana, la Santolina napoletana, che cresce solo in Penisola sorrentina sui colli aridi e assolati, la Globularia napolitana. Ma, da queste parti, è facile farsi cullare dal canto degli uccelli. In estate i boschi sono allietati dal cuculo e dall’usignolo, mentre in inverno sono comuni il tordo bottaccio e la beccaccia, e alcuni rapaci notturni, come l’assiolo e l’allocco.
Parco del Fiume Sarno.
Ma non si può pensare di aver visto i Parchi della Campania senza aver visitato gli scavi archeologici di Pompei e Stabia; la villa di Oplonti a Torre Annunziata; il Borgo Ardinghi ad Angri; palazzo Nunziata a Poggiomarino, Villa Quinto e la Masseria Croce; le tombe a fossa delle necropoli di S.Marzano, S.Valentino Torio, Poggiomarino e Striano. Sì. Tutti questi luoghi sono inclusi in un Parco, il Parco del fiume Sarno.
Parco del Matese.
Se invece siete alla ricerca di un lago incantato potete far tappa al Matese – posto a 1.100 metri di altezza e tutelato dall’omonimo Parco regionale – e nelle vicinanze il lago di Letino e quello di Gallo. Circondato da pascoli montani e rupi di vetta, vi insistono specie rare di animali, l’aquila reale, il lupo, il nibbio reale e il gatto selvatico. Le ampie faggete che ammantano i rilievi sono popolate da specie di rilievo quali l’astore, un rapace silenzioso che caccia nel folto dei boschi. Da segnalare la località delle Mortine, zona umida frequentata da numerosi uccelli acquatici, tra cui la Moretta tabaccata, una delle anatre più rare del continente europeo. Da vedere c’è tanto: a Fontegreca la splendida cipresseta, a Pietraroja il laboratorio Paleontologico, a Carreto Sannita le botteghe di artigianato in pietra e ceramica, a Gioia Sannitica, a Faicchio e Sant’Angelo d’Alife i Castelli, il Santuario di Santa Maria Occorrevole e i santuari rupestri di San Michele Arcangelo; a Letino il Museo delle Arti e delle Tradizioni. Frequenti tutto l’anno sono le manifestazioni, i rituali sacri e le tradizioni storiche di grande interesse culturale, religioso e turistico con peculiarità proprie di ogni festa ed evento. Molte di queste tradizioni sono legate a riti di radice latina, come i Saturnali da cui deriva il Carnevale, riproposto nella sua antica matrice a San Potito Sannitico: potrete danzare con gli antichi balli come la Zeza, la Brunetta e Fra Ciarlino. Inoltre, il Parco del Matese è ricco di ottimi prodotti del sottobosco, tra cui famosi sono i funghi di Cusano Mutri.[charme-gallery]
Parco del Partenio.
Per gli amanti del turismo religioso, una passeggiata da non perdere è quella attraverso il Partenio. A Mercogliano importanti l’urbanistica medievale e religiosa e il Santuario di Montevergine; a Summonte il Borgo medioevale, la chiesa della S.S. Annunziata e l’Arco di San Nicola. Questo parco è anche ricco di fauna. Alle altitudini più elevate, tra i boschi di faggio, fino ad altitudini inferiori, ritroviamo alcune delle 110 specie di uccelli del parco, come il colombaccio, l’upupa, e silenziosi predatori notturni, tra cui l’allocco e il gufo comune.
Parco di Roccamonfina Foce Garigliano.
Tradizioni locali legate ai culti religiosi si ritrovano anche nel Parco regionale di Roccamonfina- Foce Garigliano: la Calata di S. Antonio, che ricorre l’ultimo martedì di maggio con la tradizionale Ammessa di S. Antonio, vede la statua del Santo portata a spalle dai cittadini lungo il percorso che va dalla frazione Gallo a Roccamonfina. L’ ultima domenica d’agosto, con la Salita, il Santo viene ricondotto al Santuario. Molto seguita è anche la tradizione legata alla Festa di Carnevale, con feste di piazza alle quali in numerosi accorrono per ammirare le sfilate dei carri e delle maschere. E tra un ballo e una festa religiosa è possibile assaggiare la castagna di Roccamonfina, simbolo di una leggenda che narra del fondatore del Santuario della Madonna dei Lattani, il francescano S. Bernardino da Siena. Questi, venuto agli inizi del Quattrocento in pellegrinaggio per rendere omaggio all’immagine della Madonna, e volendo edificare un convento, per conoscere la volontà di Dio, piantò il proprio bastone di castagno secco. Il bastone ermogliò dopo poco tempo. Altro prodotto ipico è la melannurca campana, che benc coltivata in tutte le province ella regione, vede il Teanese come una delle aree di maggiore produzione. La coltivazione di questo frutto si caratterizza per l’arrossamento a terra delle mele nei “melai”. Questi un tempo erano realizzati con strati di canapa oggi sostituiti da altri materiali come aghi di pino e trucioli di legna.
Parco urbano dei Camaldoli e Parco dei Campi Flegrei.
Mentre il Parco urbano di interesse regionale Colline dei Camaldoli ha il compito di tutelare l’ampia zona verde – la cosiddetta “gronda verde” – delle colline napoletane, risparmiata dalla cementificazione degli anni ’60 e ’70, mito e mistero avvolgono, invece, l’area flegrea che si estende a Nord-Ovest di Napoli, tra la collina di Posillipo, la piana di Quarto e il promontorio di Cuma. [charme-gallery]Assurta a Terra della Sibilla Cumana nella tradizione greca, quest’area fu il luogo di nascita di Venere secondo Boccaccio, e durante l’Ottocento fu considerata tappa obbligatoria nella formazione dei giovani europei. Manifestazioni e tradizioni religiose sono all’ordine del giorno, basti pensare al miracolo di San Gennaro che la leggenda vuole sia stato decapitato proprio presso la Basilica omonima, situata sulla discesa della Solfatara, dove è custodita una pietra con macchia rossa, che si crede sangue del Santo e che ogni 19 settembre si liquefa contemporaneamente allo scioglimento del sangue nell’ampolla conservata nel Duomo di Napoli. La festa del 16 novembre è dedicata a San Procolo, mentre il culto della Madonna dell’Assunta, madre dei pescatori, è celebrato il 15 agosto con festeggiamenti, giochi popolari, processioni religiose e la gara del Palo a mare. In tutta la zona flegrea si organizzano le Erculiadi nel mese di aprile, manifestazione di sport, cultura e ambiente, in onore di Ercole. Da vedere c’è tanto. A Baia il Parco Archeologico e Monumentale, le Terme Romane, le rovine romane nei fondali del porto e il Castello; a Cuma l’Acropoli; a Pozzuoli l’Anfiteatro Neroniano-Flavio e il Macellum (Tempio di Se rapide); a Bacoli la Piscina Mirabile e le Cento Camerelle. Poche località al mondo possono vantare tanta storia e tanti monumenti come i Campi Flegrei, in cui è possibile ammirare gli splendidi reperti archeologici (alcuni dei quali sommersi), testimonianza delle antiche vicende che hanno reso quest’area protagonista nel Mediterraneo.

Info:
Assessorato Ambiente
Regione Campania
www.natura.regione.campania.it