Scoperti decine di vasi di argilla cruda negli scavi di Pompei

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Boccalino a pareti sottili crudo

Vasi in argilla cruda, pronti per essere infornati nella fornace della bottega di un vasaio e bloccati dalla furia dell’eruzione del Vesuvio; per la prima volta ritrovati negli scavi di Pompei. Un’istantanea di quella fatale giornata d’agosto del 79 d.C. che interruppe bruscamente la vita dei pompeiani, intenti alle più svariate attività quotidiane. E quanto è stato scoperto nel corso delle recenti indagini di studio condotte dalla Soprintendenza  con la collaborazione del Centre Jean Bérard e dell’École Française de Rome e dedicate all’”Artigianato e all’Economia a Pompei”.

Un vasto programma di ricerca, avviato da ormai 10 anni e che, negli ultimi tempi, ha interessato un’area nei pressi della necropoli Porta Ercolano, immediatamente fuori le mura della città romana, con studi specifici dedicati all’“Organizzazione, gestione e trasformazione di una zona suburbana: tra spazio funerario e spazio commerciale”. Gli obiettivi di questa ricerca sono diretti a documentare l’attività artigianale dei ceramisti dell’epoca. Lo studio di una fornace già esplorata nel 1838 permette di approfondire la tipologia della produzione, la data di inizio dell’attività, oltre a identificare gli spazi di lavoro della bottega (tornio del vasaio, bacini di decantazione).

Le scoperte sono state sorprendenti. A pochi metri dalla fornace è stato rilevato un livello di lapilli del 79 d.c. che rinchiudeva, proteggendoli, una decina di vasi non ancora cotti. Una prova diretta che la bottega era in piena attività in quel terribile ultimo giorno di vita di Pompei. Si tratta di boccalini a parete sottile, usati per bere o contenere alimenti, decorati con piccole incisioni e ingobbiati; i cosidetti “pignattini” descritti dagli scavatori dell’800 nei giornali di scavo dell’epoca.

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Nello spazio adiacente alla fornace è stata identificata una sala di lavoro per la tornitura dei vasi con quattro torni di vasai, anfore contenenti resti di argilla cruda, vasi crudi caduti da una mensola e una serie di attrezzi. Elementi finora mai documentati e fondamentali per la conoscenza della lavorazione della ceramica e delle tecniche usate degli antichi nell’ars figulina (della ceramica) durante il I sec d.C.

In una seconda bottega sono state ritrovate altre due fornaci, anche esse utilizzate per la produzione di ceramica a pareti sottili. Una di più piccola dimensione, di cui rimangono soprattutto i livelli inferiori della camera di combustione e dove tra le cenere sono stati rinvenuti alcuni frammenti di ceramica scoperti. L’altra, e dunque la terza nel quartiere, sembra essere leggermente più antica e anche qui vi si cuocevano boccalini e ciotoline a pareti sottili.

Lo scavo di ricerca è stato condotto sotto la direzione di Laëtitia Cavassa (CNRS, Centre Camille Jullian di Aix-en-Provence, UMR 7299 e il Centre Jean Bérard di Napoli, USR 3133) con la collaborazione di Bastien Lemaire ed è stato finanziato dal Ministero degli Affari Esteri Francese tramite il Centre Jean Bérard di Napoli, con il finanziamento di mecenati francesi privati (CMD² e Neptunia).

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