Pompei, è sempre più meraviglia (terza parte)

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(segue da seconda parte)… Proseguendo alla scoperta delle nuove Domus restaurate di Pompei bisogna soffermarsi sulla Casa del Criptoportico, probabilmente una delle più importanti del lotto, e così etichettata dagli esperti per la presenza di un lussuoso criptoportico munito di grandi finestre: una sorta di enorme “cortile” sul quale si spalancavano un soggiorno e quattro ambienti termali coperti da volte decorate in stucco. Le ali di tale monumentale e scenografico “spazio aperto” erano affrescate con scene ispirate ad alcuni episodi dell’Iliade secondo i gusti e i canoni tipici del II Stile. E’ probabile che i proprietari originari di questa lussuosa dimora fossero gente di “peso” nella societas augustea. Gente che però, prima che il Vesuvio si scatenasse, aveva già deciso di privarsi dell’immobile di via dell’Abbondanza, magari vendendolo a un non meglio precisato “riccone” del luogo. Lo testimonierebbero i lavori  di “riqualificazione” urbanistica cui era soggetto l’impianto. Lavori di cui sono visibili le tracce, dal momento che il criptoportico, quando cenere e lapilli si abbatterono su Pompei, cancellandola dalla faccia della terra, stava per essere trasformato in una vasta sala per banchetti. Nel giardino del Criptoportico, nel 1914, furono ritrovati i resti di alcune vittime dell’eruzione. Forse gli abitanti della casa, oppure, chissà, ciò che resta di un gruppo di poveri fuggiaschi alla ricerca disperata di un rifugio. Di loro, raccolti in gruppi di sei e dieci individui, furono realizzati alcuni calchi di gesso di cui quattro, in particolare, sono oggi noti come i “quattro calchi del giardino della Casa del Criptoportico”. Particolarmente interessante, e non poteva essere altrimenti visto il peso (anche elettorale) che i “fullones” esercitavano nella società preindustriale di Pompei, è la quinta delle sei domus appena restaurate: la Fullonica di Stephanus. Si tratta di un’antica e super attrezzata bottega per la tintoria delle vesti riportata alla luce durante la campagna di scavi condotta tra il 1912 e il 1914. La Fullonica è uno dei più importanti e completi laboratori per il lavaggio e il trattamento dei tessuti scoperti nell’area archeologica mariana.[charme-gallery]L’impianto, a quanto hanno potuto accertare gli studiosi, era dotato di enormi vasche in muratura per il risciacquo degli indumenti. Tali piccole “piscine” erano alimentate da un flusso continuo di acqua. Poco più in là c’erano alcuni bacini di pietra per la tintura, il lavaggio e la smacchiatura delle vesti. Poi, al piano superiore, si aprivano alcune grandi terrazze dove le stoffe lavate e “dipinte” venivano messe ad asciugare. E quindi passate nel torcular (la pressa) che serviva per stirare il tessuto e renderlo più brillante. A dimostrazione del prestigio e dell’importanza di Stephanus, gli ambienti della Fullonica erano decorati con pitture di un certo gusto. Infine, eccoci alla sesta e ultima chicca della “nuova” Pompei: la casa del panettiere Proculo, uno dei pochi abitanti della città sepolta di cui sono note le fattezze del volto grazie al celebre dipinto che lo ritrae, in posa, mentre regge un papiro appoggiato al mento, accanto alla moglie che a sua volta reca in mano uno stilo. Il dipinto, forse uno dei più famosi in assoluto di tutta l’antichità, è oggi in mostra nelle stanze del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. La Domus di Proculus, nota come quella del Sacerdos Amandus per le scritte elettorali che campeggiano sulle pareti esterne, colpisce soprattutto per il bel pavimento a mosaici che ne caratterizza l’atrio.[charme-gallery]Belli, però, sono anche l’ampio salone e il peristilio con le pareti dipinte con soggetti “nilotici” in omaggio a quella sorta di “egittomania” che in quegli anni si impadronì del mondo romano. Soggetti affiancati a scenette di chiaro stampo erotico. In tutto tre piani, a fronte di una facciata piuttosto semplice con tanto di balcone.Famoso, in questa casa, è anche il mosaico del “cane alla catena” a cui si affiancano suggestivi riquadri geometrici contenenti animali, piccole teste umane e scene di vita marinara (remi e timoni). La casa di Proculo era molto ben curata. Ed era stata concepita con ambienti studiati appositamente per accogliere degnamente il visitatore, ma anche per destare meraviglia e stupore, una volta varcata la soglia d’ingresso. Duemila anni dopo, l’effetto è ancora lo stesso.