Al Museo Archeologico si cammina coi calzari ai piedi sui mosaici della Magna Grecia

Dopo venti anni di chiusura, il direttore Paolo Giulierini riapre al pubblico la collezione della Magna Grecia. Con una sorpresa che farà discutere: i visitatori possono camminare sugli antichi mosaici con i calzari ai piedi, a gruppi limitati e con un costo aggiuntivo obbligatorio di 1,50 euro. Ecco tutte le regole per poter accedere alla rinata prestigiosa sezione

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Dopo oltre 20 anni, l’11 luglio scorso il Museo Archeologico di Napoli ha finalmente riaperto al pubblico in modo permanente l’area espositiva dedicata alla Magna Grecia. Chiusa dal 1996, la collezione rappresenta un unicum nel panorama museale internazionale: oltre 400 opere testimoniano le caratteristiche insediative, le strutture sociopolitiche, il retroterra religioso ed artistico nella Campania di epoca preromana. per ricchezza ed antichità del patrimonio archeologico. Tutti i reperti, dal Settecento ai primi decenni del Novecento furono convogliati nell’allora Real Museo Borbonico tramite acquisti e donazioni.

“Restituiamo al Museo Archeologico Nazionale di Napoli una parte fondamentale della sua identità – ha affermato il direttore Paolo Giulierini – la collezione Magna Grecia, tra le più ricche e celebri al mondo. Nelle sale del primo piano che ospitano il percorso espositivo, – promette ancora Giulierini – un’esperienza unica attende il visitatore, che può  ‘passeggiare nella storia’, camminando, con le opportune precauzioni, sui magnifici pavimenti a mosaico provenienti da Villa dei Papiri di Ercolano, da edifici di Pompei, Stabiae, dalla villa imperiale di Capri, finalmente recuperati”. Al Mann sottolineano che la pavimentazione a mosaico delle sale che ospitano la collezione necessita di alcune precauzioni nella fruizione, tra cui l’utilizzo di apposite calzature (al costo di 1,50 euro) e l’ingresso regolamentato negli spazi espositivi.

Ecco le regole per accedere alla sezione Magna Grecia:
Turni di ingresso di 40 persone ogni 20 minuti a partire dalle 9:00, fino a chiusura della sezione
– Per accedere alla sezione è fatto obbligo a tutti di indossare gli appositi copri-scarpe distribuiti all’ingresso della sezione, al fine di tutelare la pavimentazione musiva originale.
– A partire dal 22 Luglio 2019, si applica un costo di € 1,50 a persona (indipendentemente dalle agevolazioni previste sull’acquisto del biglietto di ingresso al museo) come contributo dovuto per la manutenzione e pulizia delle superfici musive
– Il turno di ingresso è acquistabile presso la biglietteria del Mann al momento dell’acquisto del biglietto del museo o anche successivamente, a seconda della disponibilità residua
– Il turno di ingresso alla sezione Magna Grecia è pre-acquistabile anche on-line sul sito museoarcheologiconapoli.it o telefonando allo 06 399 67 050
– E’ possibile accedere alla sezione Magna Grecia una sola volta per turno di ingresso.
– I copri-scarpe vanno lasciati all’uscita della sezione, nell’apposito contenitore.

Nel viaggio a ritroso nella storia, dall’VIII sec. a. C. sino alla conquista romana, è così ricostruito al Mann il  mosaico che definì l’identità culturale della Magna Grecia: si parte con alcune sepolture da Pithekoussai (Ischia) e Cuma (databili tra la seconda metà dell’VIII e gli inizi del VII sec. a. C.) per testimoniare le fasi più remote della “colonizzazione” greca del Sud Italia.

Tra i capolavori esposti spiccano la suggestiva e coloratissima opera d’arte del fregio in terracotta con lotta tra Eracle e il mostro marino Nereo e le Tavole di Eraclea.  Si tratta di una grandiosa iscrizione (rinvenuta nel 1732), che segnò una tappa fondamentale nella scoperta della Magna Grecia, affascinando il Settecento riformatore e illuminista per aver fissato nel bronzo il dettagliato resoconto dei lavori pubblici legati al riordino di alcuni terreni di proprietà religiosa.

Nella terza sala, si affronta il tema del significato ideologico del banchetto. È ricostruito, così, un convivio tra VI e V sec. a.C.: i vasi attici figurati riflettono un rituale consolidato per cui ogni recipiente (crateri, anfore, coppe, vasellame in bronzo) assumeva una funzione specifica.

Tra i maggiori acquisti che il governo borbonico riuscì ad assicurare al Museo, spiccano le coppie di frontali e pettorali per cavalli, provenienti da una sepoltura ruvestina di un cavaliere di rango principesco, così come i due crateri a mascheroni apuli dall’Ipogeo del Vaso di Dario di Canosa, vasi colossali la cui unica funzione doveva essere quella di costosissimi status symbol.

Raffinate testimonianze della moda del tempo sono le oreficerie esposte: collane, bracciali, orecchini e altri gioielli documentano così i preziosi ornamenti indossati per ostentare la propria appartenenza sociale. In questa stessa sala, si trova lo straordinario Cratere di Altamura (metà IV sec. a.C.), uno dei più monumentali vasi apuli pervenuti dall’antichità. L’opera, recentemente restaurata dallo staff del Getty Museum, è decorata da una rara ed emblematica raffigurazione del mondo degli Inferi con la dimora di Ade e Persefone, insieme a numerosi personaggi mitologici legati all’aldilà.

Tra le opere inserite nel percorso espositivo del Museo Archeologico, è da ricordare l’Hydria Vivenzio, uno dei vasi più celebri che il mondo antico abbia restituito. Acquistata nel 1818 per l’allora incredibile cifra di 10.000 ducati (una quantità d’oro corrispondente a circa 170.000 euro), l’opera è attribuita al Pittore di Kleophrades (490-480 a.C.). Sulla spalla del vaso si succedono in circolo scene della presa di Troia (tra cui lo stupro di Cassandra e la sanguinosa morte di Priamo), capaci di affascinare i moderni per il contrasto tra l’armonia compositiva e la violenza nella resa dei dettagli.